Radici Sagge: Il viaggio | Lezione 1: Il Concetto di Cecità Vegetale | Lezione 2: Il Mondo Vegetale e Boschi | Lezione 3: Boschi e Flora delle Marche
Questa seconda lezione esamina le caratteristiche generali del mondo vegetale, con un focus particolare sui boschi, sulla loro definizione legale e sulla situazione attuale nelle Marche, analizzando dati censuari, problematiche di gestione e tipologie di boschi.
La discussione inizia con una panoramica generale sul significato del mondo vegetale per l'uomo, per poi concentrarsi specificamente sul bosco e sugli alberi, considerati tra le piante di cui "noi ci accorgiamo maggiormente". La lezione odierna si propone di delineare i caratteri generali del bosco, rimandando ad un incontro futuro l'approfondimento delle diverse tipologie boschive.
Viene sottolineata l'importanza del decreto legislativo 227 del 2001, definito come la prima legge forestale della Repubblica Italiana a interessarsi in modo organico della materia forestale. Prima di questa legge, la definizione di bosco per gli inventari era soggetta a interpretazioni variabili, non esistendo un punto di riferimento unitario a livello nazionale.
La legge del 2001 ha finalmente stabilito le basi per l'individuazione del bosco, definendolo in base a:
Superficie minima: Almeno 2000 m² di terreno coperto da vegetazione (sia naturale che artificiale).
Larghezza media: Non inferiore a 20 metri.
Distanza massima tra le piante: (Specificato ulteriormente nella legge, ma non dettagliato nella trascrizione).
Altezza minima delle piante: Almeno 5 metri per essere considerate "piante di bosco"; altrimenti si parla di "arbusteto".
Un punto interessante evidenziato è che, per la legge italiana, i termini foresta, bosco, selva o macchia sono tutti sinonimi. Sebbene nell'uso comune si associano dimensioni diverse a questi termini (foresta solitamente indica qualcosa di "grosso"), legalmente "una cosa vale l'altra".
Viene menzionato il penultimo censimento forestale nazionale del 2005, il primo realizzato dopo l'entrata in vigore della legge del 2001. Questo censimento è considerato il primo a fornire una vera idea della superficie forestale nazionale e regionale. Viene fatto un confronto con il censimento successivo del 2015, il quale, pur mostrando un ulteriore aumento della superficie boschiva, si è concentrato sulla "potenzialità dell'assorbimento della anidride carbonica dei nostri boschi" piuttosto che sull'accuratezza nella rilevazione degli ettari.
Secondo il censimento del 2005, la superficie forestale nelle Marche era di circa 308.000 ettari, corrispondenti a poco più del 30% della superficie regionale. Nonostante le Marche siano tra le ultime regioni in Italia per estensione totale di aree boschive, la disponibilità di ettari di bosco rispetto alla popolazione (quota di foresta pro capite) è molto alta, posizionando la regione tra le prime (quinta o sesta a livello nazionale).
Un problema significativo evidenziato è la mala distribuzione della superficie forestale nelle Marche. La maggior parte dei boschi (90%) è concentrata nelle aree montane. La superficie forestale nelle zone collinari e di pianura, e in particolare nella fascia costiera, è notevolmente inferiore, con la provincia di Ancona che presenta la situazione peggiore (solo il 15% della superficie forestale al di fuori delle aree montane).
Si afferma che la parte costiera è rimasta è stato tutto quanto tagliato e occupato da terreni e diciamo da costruzioni, abitazioni, strade.
Si registra un aumento annuale di circa 5500 ettari di superficie forestale nelle Marche, un dato confermato anche dal censimento del 2015. Questo aumento non è dovuto a riforestazioni o rimboschimenti attivi, in quanto gli interventi di rimboschimento su larga scala nelle Marche sono cessati da circa 60 anni.
L'aumento è dovuto "esclusivamente al ritorno di boschi in quelli che erano terreni che fino a qualche tempo fa erano adibiti al pascolo o addirittura ad essere ad essere coltivati".
Viene presentato un grafico che mostra la dinamica storica della superficie forestale nelle Marche, evidenziando un minimo storico nel 1910 (circa 100.000 ettari). Questo periodo ha visto l'inizio delle opere di rimboschimento, con le Marche considerate una delle prime regioni in Italia ad avviare tali interventi. L'aumento è stato costante negli anni successivi.
La dinamica storica è stata influenzata dall'uso del legno come unica fonte di energia e dalla necessità di disboscare terreni per agricoltura e pastorizia. Si osserva una relazione inversamente proporzionale tra lo stato di benessere delle popolazioni e la superficie forestale: "più lo stato di benessere di una popolazione è maggiore, minore sarà la superficie forestale".
L'aumento più recente della superficie forestale è fortemente legato allo spopolamento delle aree interne. I terreni precedentemente utilizzati per pastorizia o agricoltura sono stati abbandonati, permettendo al bosco di riconquistare spazio.
Dati relativi a comuni nel Parco dei Sibillini mostrano un dimezzamento della popolazione tra il 1950 e il 1970, con un calo significativo della popolazione residente nelle frazioni e nelle case sparse, che forniva la manodopera per lavorare questi piccoli appezzamenti di terreno.
Viene mostrata una cartolina degli anni '40 che ritrae un monte brullo vicino a San Severino Marche, a confronto con l'aspetto attuale, completamente ricoperto di vegetazione, a testimonianza dell'aumento della boscosità nel tempo.
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Vengono identificate tre principali funzioni del bosco:
Economica: Luogo di lavoro, fonte di reddito, fonte di energia rinnovabile (legno), produzione di materia prima per l'industria del legno e della carta.
Tuttavia, viene sollevato un punto critico riguardo alla considerazione del legno come energia rinnovabile: tagliare un albero adulto, anche se rimpiazzato da una pianta giovane, comporta una perdita immediata in termini di assorbimento di CO2 e capacità di accumulo d'acqua. L'idea dello sfruttamento dei boschi per biomasse ("i nostri boschi eh fanno un pochino gola a determinate categorie perché eh c'è sempre, diciamo, l'accusa che i nostri boschi sono poco sfruttati dal punto di vista ehm delle delle biomasse") è vista con scetticismo in quanto contrasta con una gestione sostenibile.
Ambientale (Servizi Ecosistemici): Preserva la biodiversità. A questo proposito, si discute di due correnti di pensiero: una che vorrebbe mantenere lo "status quo" (bosco e radure/prati) per preservare la biodiversità specifica dei prati, e una che preferirebbe lasciare che la natura segua il suo corso, anche se ciò comporta l'invasione del bosco sui prati.
Altri servizi ambientali includono la mitigazione dei cambiamenti climatici (specialmente i boschi urbani), l'assicurare riserve idriche, la protezione da valanghe e frane (uno dei motivi che ha spinto ai rimboschimenti in passato), la prevenzione dell'erosione, il contrasto alla desertificazione e il miglioramento della qualità dell'aria.
Viene citato l'esempio dei fiumi che diventano subito torbidi dopo poche gocce d'acqua come sintomo di terreni completamente spogli, completamente nudi che non controllano più i flussi idrici.
Sociale: Fornisce servizi ricreativi, aumenta la salubrità ambientale, mitiga l'effetto dei disastri naturali e conserva valori culturali, artistici e spirituali. Il valore ambientale e sociale del bosco è considerato non quantificabile economicamente, ma potenzialmente di valore notevolmente più alto rispetto al mero valore economico.
La distribuzione della proprietà boschiva nelle Marche presenta delle sorprese:
Demaniale: Solo il 7%.
Comunale: 5%.
Privata: 76%, la parte preponderante.
Collettiva: Sono quelle vecchie forme di di di proprietà, tipo le università agrarie dove la proprietà è di tutti gli abitanti di un paese o di persone con lo stesso cognome.
La proprietà privata polverizzata (derivante da successioni ereditarie che dividono piccoli appezzamenti tra molti eredi) è considerata un ostacolo significativo per la gestione dei boschi, rendendo difficile ottenere i permessi necessari a causa del numero elevato di proprietari (spesso difficili da rintracciare).
Viene fatto un confronto con la situazione in Lombardia (derivante dall'impero austro-ungarico) dove le terre rimanevano in capo al capofamiglia, evitando la polverizzazione della proprietà e favorendo una maggiore cura dei boschi privati.
La gestione dei boschi, spesso vista primariamente dal punto di vista economico, è un tema critico. La resistenza a creare nuovi boschi è spesso legata ai costi di manutenzione, sebbene la manutenzione necessaria per un bosco naturale sia minima rispetto a quella di un parco. Questa visione riflette una "carenza culturale" e una questione di priorità delle amministrazioni, che spesso destinano fondi ad altri scopi piuttosto che alla cura del verde.
Un esempio concreto della gestione attuale è il taglio degli alberi, anche protetti. Nonostante esista una legge che vieta l'abbattimento, le numerose "eccezioni" previste (circa una decina) rendono di fatto la protezione quasi inesistente. Basta che un albero crei "fastidio" a un'impresa (es. per manovrare una gru) per ottenere il permesso di abbattimento. Sebbene la legge preveda la ripiantumazione (due piante per ogni specie protetta tagliata), spesso le imprese preferiscono pagare una somma al Comune (€240 per pianta), e i Comuni non sempre utilizzano questi fondi per le ripiantumazioni.
La questione della pericolosità degli alberi è spesso utilizzata come giustificazione per i tagli, anche se l'impatto reale degli alberi sulla sicurezza (ad esempio, proteggendo dai colpi di calore o riducendo l'erosione) è spesso sottovalutato rispetto alla visibilità di un albero inclinato.
Viene denunciata la pratica di tagli indiscriminati lungo le strade, spesso effettuati in modo "veramente disastroso" e senza considerare la biodiversità circostante.
Due principali sistemi di allevamento (gestione) dei boschi vengono descritti:
Ceduo (cedo semplice o matricinato): Si basa sul rinnovamento agamico da pollone. Dopo il taglio dell'albero, la pianta emette nuovi polloni dalla zona radicale. Il ciclo prevede tagli ogni 20-30 anni, sfruttando la capacità pollonifera della pianta.
Tuttavia, questa capacità diminuisce nel tempo, rendendo necessario un nuovo impianto dopo 80-100 anni. Il legno prodotto è di qualità inferiore, utilizzato principalmente per legna da ardere o carbonella. Lo svantaggio principale è che il terreno rimane completamente scoperto per un periodo dopo il taglio.
La ceduazione è solitamente permessa solo per superfici limitate (1-2 ettari). Nel ceduo matricinato, vengono lasciate alcune piante (matricine) per la produzione di semi e il rinnovamento futuro, anche se l'efficacia di questa pratica è talvolta compromessa dalla fragilità delle piante lasciate.
Fustaia: Si basa su piante ottenute da seme (non da pollone). Prevede cicli di produzione molto più lunghi (da 60 a 180 anni), producendo legname di qualità superiore (tavole, legno pregiato). Questo sistema richiede un investimento a lungo termine, con benefici che si manifestano nelle generazioni future.
Nelle Marche è un sistema meno diffuso rispetto al ceduo.
La discussione si conclude con un'anticipazione delle tipologie specifiche di boschi presenti nelle Marche, che saranno approfondite in un futuro incontro.
Le categorie forestali principali includono:
Querceti (principalmente Roverella): La tipologia predominante.
Orno-ostrieti (Carpino Nero e Orniello).
Cerrete: Presenti principalmente al nord e al sud della regione, su terreni acidi.
Faggete: Meno rappresentate.
Formazioni riparie: Boschi lungo i corsi d'acqua, la cui estensione effettiva è probabilmente inferiore all'8% indicato dai dati.
Conifere: Quasi esclusivamente dovute a rimboschimenti.
Arbusteti, Lecceti, Castagneti e Latifoglie vari.
Viene sollevata una domanda sulla considerazione degli impianti di ulivo nelle statistiche. Viene risposto che nelle statistiche vengono considerate la maggior parte delle tipologie arboree, ma non i "castagneti specializzati da frutto" o i parchi urbani.
La seconda lezione si conclude evidenziando la necessità di un cambio di prospettiva sulla gestione dei boschi, passando da una visione prettamente economica a una che valorizzi anche le fondamentali funzioni ambientali e sociali, e sottolineando l'importanza di una gestione più oculata e consapevole del patrimonio forestale.
Decreto Legislativo 227 del 2001: La prima legge forestale della Repubblica Italiana che ha definito legalmente cosa si intende per bosco e ha stabilito criteri uniformi a livello nazionale per l'identificazione delle aree forestali.
Bosco: Area coperta da vegetazione con caratteristiche specifiche di superficie minima (2000 m²), larghezza media (minimo 20 m) e altezza delle piante (minimo 5 m), secondo la legge italiana.
Arbusteto: Un'area con vegetazione legnosa le cui piante non raggiungono l'altezza minima di 5 metri necessaria per essere considerate bosco secondo la legge.
Foresta/Selva/Macchia: Termini considerati sinonimi di bosco dalla legge forestale italiana.
Censimento Forestale Nazionale: Un'indagine periodica volta a quantificare la superficie forestale di un paese e raccogliere informazioni sulle sue caratteristiche.
Superficie Forestale Pro Capite: La quantità di ettari di bosco disponibile per ogni abitante di una regione o paese.
Polverizzazione della Proprietà Privata: La divisione di un'area boschiva di proprietà privata in lotti molto piccoli tra numerosi proprietari, spesso a seguito di successioni ereditarie.
Servizi Ecosistemici: I benefici multipli che l'uomo riceve dagli ecosistemi naturali, nel caso del bosco includono la purificazione dell'aria e dell'acqua, la conservazione della biodiversità, la mitigazione climatica e la protezione idrogeologica.
Ceduo: Un sistema di gestione forestale basato sul taglio periodico degli alberi per favorire la crescita dei polloni dalle ceppaie o dalle radici (rinnovamento agamico), tipicamente con cicli brevi (20-30 anni).
Pollone: Un germoglio che si sviluppa dalla base o dalle radici di un albero tagliato.
Ceduo Matricinato: Una variante del ceduo in cui vengono lasciate alcune piante "matricine" non tagliate, provenienti da seme, con lo scopo di produrre semi per il rinnovamento e di garantire una maggiore diversità strutturale.
Matricina: Una pianta adulta lasciata in un bosco ceduo con lo scopo di produrre semi per il rinnovamento naturale.
Fustaia: Un sistema di gestione forestale basato sull'allevamento delle piante da seme (rinnovamento sessuato) fino al raggiungimento di dimensioni mature, con cicli molto lunghi (60-180 anni o più), finalizzato alla produzione di legname di pregio.
Querceti: Boschi dominati da specie di querce, nelle Marche principalmente roverella.
Orno-ostrieti: Boschi misti dominati da Carpino Nero (Ostrya carpinifolia) e Orniello (Fraxinus ornus).
Cerreteti: Boschi dominati dal Cerro (Quercus cerris), che prediligono terreni acidi.
Faggete: Boschi dominati dal Faggio (Fagus sylvatica), presenti principalmente nelle zone montane.
Formazioni Riparie: Boschi che crescono lungo i corsi d'acqua.
Conifere: Alberi appartenenti alla famiglia delle conifere (pini, abeti, ecc.), nelle Marche presenti quasi esclusivamente come risultato di rimboschimenti artificiali.
Rimboschimento: L'attività di piantare alberi artificialmente in aree precedentemente boscate o in aree incolte per creare un nuovo bosco.
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